A Tavernole, lungo le rive del Mella, separato dal centro abitato da un ponticello di legno, c’è uno dei forni fusori meglio conservati d’Europa. La struttura è magnifica, costruita nel ‘400, con ampi saloni per la lavorazione del ferro e della siderite, illuminati da finestre ad arco.
Il materiale arrivava dalle vicine miniere per essere fuso e trasformato in materiale lavorabile dai fabbri triumplini, che inauguravano una tradizione che prosegue fino ai giorni nostri. Il forno fusorio era il cuore di una filiera produttiva davvero avanzata per l’epoca, tant’è che venne visitata dal grande Leonardo da Vinci, che ha disegnato i mantici idraulici sviluppati dai nostri antenati artigiani. I mantici erano molto importanti perché alimentavano il fuoco, necessario per ricavare dal materiale grezzo una materia prima di altissima qualità, utilizzata per la creazione di armi e attrezzi agricoli.

Il fuoco era il vero protagonista del processo di fusione, nato dal durissimo lavoro dei mastri fornai, che abitavano con le famiglie all’interno della struttura. I primi quattro giorni veniva acceso il fuoco, i successivi dieci erano necessari affinchè l’impianto fosse pronto. Il passaggio successivo era la colata di ghisa nel canecchio, ossia l’altoforno; il procedimento richiedeva tanta acqua, questo spiega perché il forno fosse costruito sulle rive del Mella.

Il forno di Tavernole è stato orgoglio della Serenissima Repubblica di Venezia, che apprezzava molto le armi e gli attrezzi prodotti in Val Trompia, poi fu a più riprese abbandonato, conobbe un nuovo sviluppo nel 1870, quando l’industriale siderurgico Francesco Glisenti lo acquista e vi installa macchinari per la siderurgia, ma cessa l’attività agli inizi del 1900. Negli anni Venti viene addirittura trasformato in segheria, attività che cesserà negli anni Cinquanta. Solo negli anni Novanta comincia l’avvio dei lavori di recupero, che ci permette di godere di un magnifico museo.

Oggi sono rimasti i muri con i mattoni a vista, il canecchio con le pietre refrattarie originali, le stanze con i soffitti altissimi, il maglio che permetteva di rompere le scorie della fusione per recuperare i pezzi di metalli in esse ancora presenti e la grande ruota che azionava la segheria, ma la bellezza dell’edificio non può far dimenticare la fatica di chi qui ha lavorato per secoli. Questa struttura ci ricorda il debito che i triumplini di oggi hanno nei confronti di chi ha fatto la storia passando la vita lavorandoci, e fa riflettere pensando alla fatica di chi oggi lavora in aziende simili.